BREVE STORIA DEL PRESEPE
Non essendoci testimonianze precedenti, il primo presepe, storicamente certo, e’ quello voluto da San Francesco la notte di Natale del 1223 a Greccio.
Esso ci restituisce l’atmosfera e la descrizione dei Vangelo di Luca: il cielo stellato, le piante, la grotta e veri attori quei contadini e pecorai che accorsero con i loro cani, greggi e lanterne.
C'erano anche un bue ed un asino, ma il Santo non volle attori a rappresentare Maria, Giuseppe ed il Bambino.
Sappiamo che fu celebrata la Messa ed il Vangelo fu letto e commentato dallo stesso Santo e che i presenti frati ed umili contadini innalzarono canti e lodi al signore per quell' intera notte piena di gioia, misticismo e di visioni divine.
Certamente la scena della Natività e quelle del ciclo (Adorazione dei Pastori, i ‘E:p:i.f ecc. ) erano scelte da sacre rappresentazioni annualmente offerte sui sagrati o all'interno delle chiese durante tutta l’alto Medioevo, ma l’iniziativa di San Francesco ebbe una vastissima risonanza e, dopo l’anno 1223, si generalizzò
Dai presepi viventi con attori, comparse ed animali in carne ed ossa si passo ben presto a quelli con figure scolpite nella pietra o nel legno, a grandezza naturale, che furono collocate in una cappella ed esposte tutto .l‘anno.
A differenza di oggi, le grandi sculture erano statiche e solenni, come possiamo vedere nel presepe storicamente importante di Arnolfo del Cambio (1289) conservato in Santa Maria Maggiore a Roma.
Poi, attraverso le terrecotte invetriate e policromate del 1400 e del 1500, i bassorilievi in marmo (dove sono presenti tutti gli elementi dei moderni presepi: la grotta stalla, gli animali, San Giuseppe dormiente, i pastori, gli angeli danzanti e musicanti in cielo, lo sfondo roccioso ed il tempio pagano fatiscente), si arriva al presepio inteso come rappresentazione tridimensionale strettamente collegata alla scenografia teatrale.
Quando si parla di presepi associamo subito la parola a quelli napoletani, animati, popolari e drammatici allo stesso tempo, senza quelli magistrali realizzati in legno in Lombardia ed in Alto Adige o, in terracotta, da Modena fino all’Abruzzo. Qui, gli abilissimi modellatori sono chiamati "figulini"
In Italia fiorirono vere e proprie scuole presepistiche: oltre la napoletana, quella pugliese/lucana e soprattutto quella siciliana
Svariati materiali furono utilizzati nella realizzazione delle figurine: il legno, la terracotta, la cera, la cartapesta, lo stucco, il gesso ed il corallo integrato dal rame e dall’oro (Sicilia)
E tante figurine erano cosi pregiate ed artisticamente fini e dettagliate nelle fattezze e negli abiti, al punto di divenire oggetto di dono ad ambasciatori e corti straniere, oltrechè parte di doti nuziali e da essere oggi esposte nei più importanti musei.
Collegate al Natale nacquero ed, in parte, ancor ‘oggi sopravvivono diverse tradizioni, alcune strettamente religiose, altre culinarie e altre ancora di chiara origine pagana o nordeuropea: dalle pastorali cantate davanti al presepio al gioco popolare della tombola; dal cenone magro alla Messa di mezzanotte; dalle fiaccolate notturne all’arrivo dei doni da parte di Babbo Natale.
E d questo passo non si finirebbe mai perché, come vedremo, il presepio si e’ diffuso in tutto il mondo ed intorno ad esso e nei dodici giorni che corrono dalla vigilia all’Epifania sono fiorite tante tradizioni che sarebbe ingiusto non far conoscere.
Il Presepio napoletano
Se la francescana Greccio e’ il luogo di partenza del moderno presepio. Napoli e’ la città dove, fra il 1700 e l’inizio del 1800, esso ha conosciuto la sua massima espressione artistica ed architettonica. Espressione artistica perché le varie figure venivano scolpite e modellate da “celebri professori”, ed architettonica in quanto gli allestimenti erano affidati a valenti, scenografi e veri architetti, il tutto col chiaro intento di meravigliare e di superare altre famose realizzazioni presepiali.
Inoltre, il presepe a Napoli divenne “affare” delle singole chiese e monasteri, dell’alte borghesia e dell’aristocrazia, con re Carlo III di Borbone in testa, le quali aprivano ad ospiti di ogni ceto e rango le proprie dimore allo scopo di presentare suntuose ed valenti scenografie , che in qualche caso, si snodavano lungo stanze e corridoi
La febbre per il presepio contagiò 1’ intera città Tutta una serie di artisti, di. artigiani, di scultori di figure ed animali, di pittori di fondali, di “tecnici delle luci” ( che usavano solo candele e lumini oppure vetri .colorati e qualche artificio ottico) furono chiamati ad ingaggiati lungo buona. parte del ‘700, il Secolo d’oro del presepe Napoletano
Così, accanto a quelle dei Maestri, sorsero tante bottegucce pronte a soddisfare le richieste sempre più pressanti e di gran lunga meno esigenti del popolino. ( oggi, e per tutto 1 ‘anno, la via San Gregorio Armeno e quelle adiacenti. offrono 1'affascinante spettacolo di multicolori “pastori” e minuterie ( tagli di carne, cassette della frutta, lanterne, e così via ) disposti sugli scaffali di angusti negozietti quali rinnovano quell'arte povera e tanto cara ai napoletani e a chi ama questa tradizione
Il presepio classico napoletano rappresenta uno spaccato della vita e della società partenopea di due secoli fa, la cui realtà è colta con occhio sorridente e bonario,
In verità tutto ciò che mancava, o era solo alla portata di pochi fortunati, abbondava sui presepi: quarti di carne macellata, formaggi, salumi e prodotti ittici d’ogni specie. nonché frutta di stagione e fuori stagione, tropicale ed esotica; ogni cosa riprodotta nei minimi dettagli e colori naturali Una vera e propria ostentazione pantagruelica di cibi!
Ed accanto agli oggetti d’uso comune, la turbinosa e caotica vita del proletariato cittadino e campagnolo, nei loro stracci e negli abbinamenti vestiari dei più disparati e multicolori. Uomini e donne fotografati nelle loro attività quotidiane o intenti a svolgere mestieri oggi scomparsi, con in mano o vicini. arnesi da lavoro, strumenti musicali, armi e attrezzi vari propri di una civiltà contadina e pastorale..
Ed in questo frenetico affollarsi di persone ed animali, scorgiano i Re Magi con la loro corte di schiavi, palafrenieri e georgiane, ossia le figure femminili al seguito, tutti con la pelle scura, a rappresentare quella vaglia di esotico e di orientale a tutti i costi della società europea dell’epoca..
Parlavamo di visione bonaria della realtà, ma, in effetti, a guardar bene, il presepe napoletano e’ popolato anche di esseri deformi, di ciechi, di invalidi e di portatori di handicap di ogni genere e, propri della cultura europea del tempo, di schiavi “extracomunitari” e di zingare discinte.
Il presepio napoletano è suggestivo e storicamente importanete anche perché il suo microcosmo rispecchia il mondo reale. Attraverso esso possiamo studiare tanti aspetti dell’epoca.. Per esempio la moda, in quanto ogni abito, in stoffa e tessuti pregiati, e’ pignolamente precisa e rifinito nei dettagli; oppure la condizione sociale alla quale ogni singola figura appartiene; o i gioielli veri cesellati e in filigrana; ed inoltre i cibi, i passatempi, gli strumenti musicali arcaici e tradizionali, il mobilio povero, il vasellame, i mezzi di trasporto, le usanze, la coabitazione con gli animali domestici
Per avere un’idea di ciò che è stata è necessaria una visita al Museo di San Martino a Napoli o una passeggiata fra le tante chiese e la Galleria Umbeto I, sempre a Napoli, un pò prima di Natale. Ma anche Roma ha i suoi presepi napoletani in chiese e musei che presto indicheremo..
Esso ha trovato estimatori, cultori ed acquirenti in ogni. tempo tanto che il Bayerisches Nationalomuseum di Monaco può vantare di possedere da oltre cent’anni una vastissima raccolta di figure e minuterie fra le più preziose e rare; e non e’ insolito leggere di “pezzi” battuti da famose Case d’asta estere a prezzi esorbitanti.
La fortuna del presepe e’ legata indissolubilmente al teatro ed al cinema partenopeo, non solo perché esso stesso è una rappresentazione tridimensionale della Natività, con protagonisti, comparse, quinte e fondali, ma anche perché è stato fatto oggetto di drammi teatrali quale simbolo di attaccamento a quelle tradizioni, a quei ritmi e filosofia di vita che fanno del napoletano un individuo che non s’arrende al cambiamento dei tempi e non accetta mode passeggere e distruttive se non adattandole alla propria visione del mondo.
Chi non conosce la reiterata richiesta Eduardiana: “Te piace o’ presepio ?“. Essa significa che è vero che il mondo deve cambiare; e, aggiungeremo noi, la qualità della vita deve migliorare per tutti e che il progresso civile deve raggiungere ognuno, ma il tutto con un occhio attento a quelle tradizioni minime di non relegare in asettiche bacheche di musei perché nessuna qualsivoglia innovazione (e nessuna reclame commerciale) deve prendere il posto del calore umano, delle parole (intese come mezzo per comunicare agli altri i nostri sentimenti e sensazioni) e, soprattutto, il pasto della fantasia che crea anche un piccolo presepio..
Il Presepe Romano
La prima testimonianza in assoluto dell'arte presepiale a Roma, si ha con le statue di marmo scolpite nel 1289 da Arnolfo Di Cambio e conservate nella cripta della Cappella Sistina della Basilica di Santa Maria Maggiore. Successivamente sono le cronache del frate francescano Juan Francisco Nuno ad informare, nel 1581, sull'uso ormai da tempo diffuso a Roma, di allestire presepi in monasteri e luoghi di culto ed in particolare nella Chiesa dell'Aracoeli dove era specialmente venerata la statua del Bambinello che si dice opera di un frate francescano che l'aveva intagliata in un tronco di ulivo del Getsemani, trafugata il 1° febbraio del 1994 e non più ritrovata. Nel '600 la nobiltà romana inizia ad esporre presepi nei propri palazzi, opere sontuose in linea con lo stile barocco dell'epoca, commissionate ad artisti famosi come il Bernini del quale si ricorda un presepe realizzato per il Principe Barberini. Anche il '700 mantiene viva la tradizione dei presepi nelle case patrizie ma chiese e monasteri non sono da meno come attestano le grandi statue della natività in San Lorenzo, i presepi di Santa Maria in Trastevere e Santa Cecilia. Ma è nel '800 che la realizzazione di presepi si diffonde a livello popolare grazie alla produzione a basso costo, con gli stampi di innumerevoli serie di statuine in terracotta modellate da artigiani figurinai tra i quali anche il ragazzo Bartolomeo Pinelli famoso in seguito come pittore della Roma del suo tempo. Sono tuttavia le famiglie più importanti per censo e ceto sociale a realizzare in gara tra loro i presepi più imponenti, ricostruzioni di paesaggi biblici o di scorci della campagna romana caratterizzata da alberature di pini e olivi, costruzioni rustiche e rovine dell'antichità, da mostrare non solo a parenti e amici ma anche a concittadini e turisti, richiamati da fronde di rami appesi ai portoni a somiglianza d'insegne. Sono rimasti famosi quello della famiglia Forti, posto sulla sommità della Torre degli Anguillara, o della famiglia Buttarelli in Via De' Genovesi, riproducente il paese di Greccio e la scena del presepe vivente voluto da San Francesco o quello di padre Bonelli nel portico della chiesa dei Santi XII Apostoli, parzialmente meccanico con la ricostruzione del Lago di Tiberiade solcato dalle barche e delle città di Gerusalemme e Betlemme. Nel presepe romano più usuale, il paesaggio agreste fa da sfondo alla grotta in sughero, sovrastata da un tripudio di angeli in volo sulle nuvole, disposti in nove cerchi concentrici che pongono la Natività al centro della scena, una scena povera sia nella rappresentazione dei personaggi, pastori con le greggi e contadini al lavoro con i loro animali, sia nelle architetture, case modeste e locande di campagna tra resti di archi e acquedotti antichi, tipici dei luoghi rappresentati. A partire dalla seconda metà del novecento, l'ambientazione cambia e vengono proposte zone caratteristiche della Roma sparita, demolite per far posto all'urbanizzazione di Roma capitale, ma conservate al ricordo dagli acquerelli dell'artista tedesco E. Roessler Franz, che fotografano la Roma papalina e le sue irripetibili atmosfere.